Lo psicologo forense che opera come CTU o CTP nei Tribunali viene spesso chiamati a valutare le competenze genitoriali delle parti in causa per l’affidamento della prole minore, soprattutto nelle cause di separazione e divorzio.
Come è noto, la legge n. 54/2006 ha stabilito come regola il principio della cosiddetta bigenitorialità, ma quando i coniugi non riescono a trovare un accordo circa i figli, non di rado finiscono per screditarsi a vicenda richiedendo l’affidamento esclusivo dei figli.
Il Giudice deve allora stabilire se e quanto ciascun coniuge sia capace di essere un “buon” genitore, ovvero se vi è – e di quale entità, eventualmente – incapacità in uno dei genitori (o in entrambi), per disporre l’affidamento dei figli in modo diverso da quello previsto dalla legge, ovvero quello “condiviso”.
L’ausiliario nominato dal Giudice o il Consulente nominato dalle parti per rispondere a un quesito comprendente la valutazione delle capacità genitoriali, si trova quindi nella necessità di procedere con competenza, perizia e scientificità, consapevole che il suo parere andrà a costituire parte della conoscenza del caso di specie che farà optare il Giudice per l’uno o l’altro istituto (affidamento condiviso o esclusivo).
La cosiddetta “valutazione della genitorialità” è una complessa attività di diagnosi, che deve tener conto di diversi parametri, maturata in un’area di ricerca multidisciplinare che valorizza i contributi della psicologia clinica e dello sviluppo, della neuropsichiatria infantile, della psicologia della famiglia, della psicologia sociale e giuridica e della psichiatria forense.
Intesa in senso ampio riguarda due versanti, genitori e bambino, ed ovviamente la loro relazione.